Dopo La Grande Bellezza, Paolo Sorrentino presenta al festival di Cannes il suo ultimo lavoro, Youth – La giovinezza. Sebbene il film precedente abbia avuto il potere di conquistare le scene dell’immaginario collettivo mondiale e quindi imporsi come uno dei caposaldi nella storia del cinema italiano – non è un caso che abbia vinto l’Oscar – Youth, non regge il confronto. Si rimane frastornati e confusi davanti a una pellicola ridotta ad accostamenti retorici, banali e forzati.
Non convince nonostante la sinergia di grandi attori – presenti Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Jane Fonda – e un titolo così accattivante e amabile che solo a pronunciarlo ci si sente bene.
I due protagonisti, Fred Ballinger (Michael Caine), anziano direttore d’orchestra e l’amico Mick Boyle (Harvey Keitel), vecchio regista ancora in attività, ricordano il dipinto di De Chirico “Gli Archeologi” (1940), due figure colme di rovine antiche. Colonne, capitelli, timpani e archi messi quasi a caso come tanti cervelli buttati lì in un significato surreale che dice tutto e niente. Solo nostalgia sgravida.
Siamo in un grande hotel sulle Alpi, dove i very important people si rifugiano per ritemprare il corpo e lo spirito dalle fatiche del successo. Massaggi di ogni tipo, saune, trattamenti di bellezza per il corpo, spettacoli d’intrattenimento serali, lunghe passeggiate tra le montagne in fiore. Non mancano le mucche, tipiche delle zone alpine con il mantello fulvo, provviste al collo di campanelli di varie dimensioni e grandi mammelle piene di latte, qualche ceppo sparso qua e là. Non mancano neppure le grandi “mammelle” di miss Universo piene di silicone che “a parole” fanno rifiorire il vecchio Fred e vedere ”Dio” a Mick.
Rapiti da tutta questa bellezza, tra natura e godimento corporale, la sceneggiatura ci porta di colpo nelle ferite dei personaggi, nei dialoghi pesanti come pietre infuocate ancora di rabbia, nelle tristezze e nelle zone d’ombra di vite che non riescono a dare un senso o ad affrontare il divenire. I personaggi mancano di un loro peso specifico, una connotazione forte e dritta. E’ tutto in superficie.
Resta da dire che la fotografia sorrentiniana (Luca Bigazzi, direttore della fotografia) e il sound creano un certo appeal nell’economia e supportano le parti deboli. Solo gli occhi profondi e lucidi, beffardi, sanamente distaccati di Michel Caine e delle mucche convincono. Il resto: un attore in cerca di un personaggio, una bambina che vorrebbe essere lasciata in santa pace a mangiarsi le unghie, una quarantenne non brava a letto, una miss Universo “depotenziata”, un ex-calciatore trasformatosi simpaticamente in una palla di lardo e la piatta ed inerte solitudine… con il dolce sottofondo musicale di Celing Gazing.
Fortunata GRILLO